La prima settimana di ottobre ci siamo recati in Nepal per visitare tre ospedali del Paese.
L’obiettivo è stato quello di valutare di persona le condizioni dei reparti di terapia intensiva neonatale.
Alla missione hanno partecipato Carlo Ceolan, coordinatore dei nostri progetti ,e due infermiere del Reparto di Neonatologia dell’Ospedale S.Chiara di Trento, Jessica Facinelli e Tiziana Ferrari. Con loro vi era anche Gregory Dajer, direttore di Mtts Asia.
Questo il racconto di Carlo Ceolan a pochi giorni dal suo arrivo in Nepal…
“Siamo partiti sabato sera dall’ Italia e, dopo quasi 24 ore di viaggio per arrivare a Kathmandu, lunedì ci siamo subito rimessi in viaggio alla volta di Bharatpur, affrontando circa 200km di strada sterrata ricca di insidie: un’avventura durata 8 ore! L’ospedale di Bharatpur è un centro sanitario piutt
osto importante, con 415 posti letto totali ed un bacino di utenza di circa 3 milioni e mezzo di persone. La struttura è caratterizzata da un’evidente povertà, ma nonostante questo traspare anche una certa organizzazione, i locali vengono puliti regolarmente ed anche le basilari norme igieniche come il lavaggio delle mani sembrano essere ormai di routine all’interno dell’ospedale. Il reparto di terapia intensiva neonatale ha circa 10 posti letto ma a breve verrà aumentato anche grazie al nostro progetto di sviluppo. In questi mesi il reparto ha raccolto altre donazioni, nella NICU (Neonatal Intensive Care Unit) saltano all’occhio attrezzature nuove di zecca come dei warmer (lettini riscaldati), una incubatrice e due ventilatori per la terapia respiratoria. Paradossale il fatto che questo reparto abbia tecnologie così all’avanguardia ma che il personale non sia ancora formato per utilizzarle, infatti durante la nostra visita le infermiere di Trento hanno notato un bambino in evidente insufficienza respiratoria. Fatta notare l’emergenza ai medici locali, si sono tutti mobilitati per intubare il bambino ma con risultati piuttosto scarsi: era evidente che non sapessero bene dove mettere le mani ma con l’aiuto delle infermiere il bambino ha ripreso a respirare.
Personalmente ho potuto vedere molte realtà che hanno ricevuto donazioni a cui poi non è seguita una corretta assistenza nel tempo, infatti non è sufficiente donare equipaggiamenti costosissimi (un ventilatore può costare anche 15000€ o più) per risolvere i problemi ma è altrettanto importante formare adeguatamente il personale. Inoltre questi macchinari appena si rompono non vengono riparati e vengono ammassati inutilizzati nei magazzini o in un angolo per anni, purtroppo è una situazione che si verifica troppo spesso nei progetti di sviluppo. Questo accade perché non viene fornita l’assistenza necessaria per garantire la sostenibilità di questi progetti nel tempo, è per questo motivo che nei nostri progetti ci avvaliamo della collaborazione di Mtts Asia, una ditta produttrice di macchinari specifici per i paesi in via di sviluppo con sede ad Hanoi. L’assistenza è garantita e gratuita per 3 anni dalla donazione, i pezzi di ricambio sono disponibili in loco e personale competente è a completa disposizione per qualsiasi riparazione o sostituzione. Solo in questo modo è possibile garantire l’efficacia e la sostenibilità nel tempo.Durante la visita abbiamo consegnato anche i macchinari ed il personale ha ricevuto la prima formazione tecnica al loro utilizzo, alla quale seguirà una formazione medica più completa nei prossimi mesi da parte della Dr.ssa Cuccu di Trento e dell’infermiera Jessica Facinelli.
La visita si è conclusa con la consegna di alcuni prodotti fatti a mano: berrettini, babbucce e copertine realizzati a mano da un gruppo di volontarie di Trento, il Gruppo Sferruzzare insieme”
Le nostre Jessica e Tiziana ci narrano la loro esperienza senza nascondere una forte amarezza…
“La visita al primo di tre ospedali che abbiamo visto qui in Nepal ha avuto un grande impatto su di noi che siamo abituatea nuovi palazzi e grandi tecnologie, quindi abbiamo dovuto cancellare quello che per noi è importante e provare a pensare cosa potrebbe essere necessario in un posto che, seppur in via di sviluppo, è comunque un paese molto povero. Inaspettatamente siamo rimaste colpite di come le nostre colleghe infermiere riescano a fare tutto quello che per noi è routine con poche risorse. Sono attente, disponibili e molto preparate. Ci siamo sentite accolte e speriamo che questo breve incontro possa essere il primo passo verso una lunga collaborazione. Abbiamo poi visitato il Kanti Children’s Hospital, uno degli ospedali più importanti qui a Kathmandu. Dopo una breve visita dell’area pediatrica ci siamo recate nel reparto di terapia intensiva neonatale. Appena entrate respiriamo un’aria rilassata e tranquilla e dopo aver indossato le ciabatte e lavato le mani possiamo vedere finalmente com’è strutturata. Subito ci accorgiamo che il reparto a livello strumentale è ben messo grazie alle donazioni fatte da altri paesi stranieri, do
po un breve giro della stanza ed aver osservato i neonati presenti, iniziamo a parlare con l’infermiera di turno. Sembra incuriosita da noi ma dopo un breve imbarazzo iniziale risponde gentilmente a tutte le nostre domande. Rimaniamo piacevolmente colpite nel constatare che l’assistenza è molto simile alla nostra, i posti letto sono 8 gestiti da due infermiere in questo modo il lavoro non risulta essere mai troppo carico.
Passiamo un paio d’ore in TIN cercando di capire di cosa ci sia veramente bisogno ma alla fine della visita ci rendiamo conto che l’assistenza è già molto buona, basterebbero solo alcuni accorgimenti per migliorarla. Prima di tornare in albergo ci fanno visitare la sub intensivadove per noi i bambini dovrebbero essere bambini stabili e con complessità più bassa. Subito ci accorgiamo che il rapporto bambini infermiere è molto elevato, 2 infermiere si trovano a dover gestire anche 16 bambini non sempre stabili (alcuni necessitano della CPAP). La tecnologia ci sarebbe ma è fuori uso perche rotta e nessuno è in grado di aggiustarla. Durante la visita ci salta all’occhio un bimbo in particolare, sembra essere prematuro e di basso peso, in fototerapia quindi solo con pannolino, gestito dentro un lettino normale senza fonti di riscaldamento, è in CPAP e non viene monitorato perche i monitor a disposizione sono tutti roti. Dopo una breve osservazione ci rendiamo conto che non respira quindi ci attiviamo per assisterlo coinvolgendo le infermiere. Ci viene detto che conoscono la situazione, che necessiterebbe di cure intensive ma purtroppo i genitori non possono permetterselo (costo giornaliero 1000 rupie circa 8,5€, lo stipendio medio mensile è tra 8000 e 9000 rupie). Dopo aver preso alcuni parametri ci rendiamo conto che ha la temperatura molto bassa e che forse il sostegno respiratorio (CPAP rudimentale) non è sufficiente. Fortunatamente con noi c’è Gregory Dajer di Mtts Asia cosi decidiamo di installare la nuova bubble CPAP+monitor che verrà donata come da progetto all’ospedale. Circa un’ora dopo le condizioni si stabilizzano e noi torniamo in albergo più tranquille. Il giorno dopo torniamo in ospedale per concludere la visita e vedere come sta il piccolo ma sfortunatamente veniamo a sapere che non ce l’ha fatta.
Frustrate per la situazione cerchiamo di contenere la tristezza che ci ha colpite cercando di immedesimarci in una realtà cosi lontana dalla nostra dove lo stesso bambino avrebbe potuto sopravvivere”.
Leave a Reply